di Alessia Bazzano
Sentivo la tua mancanza, nonostante fossi via da soli quattro giorni.
«Domani torno», ti ho scritto con voce tiepida e sussurrando, per non farmi sentire dai venti egoisti di voci sfortunate.
Partì alla radio Cremonini con una canzone che fece piangere anche me. Trovai una similitudine tra il mio partire viaggiando e il partire di quella canzone, nell’esatto momento in cui ne avvertivo il bisogno. Seduta, guardavo fuori, ho visto stelle nel cielo abbracciarsi con gli occhi, ma anche nuvole litigare per chi doveva stare più vicina al sole. Ero sul bordo di quella finestra vintage e antica, bianca e un po’ sporca: paradosso. Con le gambe appese nel vuoto, scrutavo un’immensità che non sapevo spiegarmi. Ho creduto di sognare quando ho visto due passanti baciarsi per davvero, sulla strada bagnata dalla pioggia di stanotte, e già asciugata dal sole di domani.
“L’amore non ha limiti, neanche per il brutto tempo” ho pensato, tremolante come foglia che vuole liberarsi dalla prigione dei rami di un albero e volare via, verso una maturità incompiuta, verso una crescita di responsabilità e incertezze, quelle sì, anche più di prima. Mi sono spinta col respiro ad annusare ogni spiraglio d’amore che vedevo sorseggiare nella città, la notte. E sono rimasta colpita dalla bellezza lucente di quella sera colma di armonia.
Io e un sogno nella mano pronto per essere lanciato tra le stelle, così da farlo respirare nella luce dei desideri, e realizzarlo tra i sorrisi del futuro. Ho deciso di scriverti: «Mi manchi». E quel mi manchi voleva dire esser distanti chilometri, ci saremmo visti presto ma sentivo il vuoto della tua assenza. Perché non importa tra quanto ci vediamo: importa quanti minuti e quanti cieli ci separano.
Immersa in quell’armonica melodia d’amore cittadino mi sentivo pervasa d’amore, sicura e viva, pronta a esplorare il mondo dei sogni, corrergli incontro a costo di raggiungerli in fretta, senza lasciar fare al destino. Ho detto: «Adesso tocca a me», con una sicurezza che stupì la mia parte meno coraggiosa. Ho aperto la porta e corso così forte da riuscire a stare al passo del vento. Ferma di fronte alla Tour Eiffel, un sospiro di sollievo: sono rimasta immobile e fiera, finalmente piena. Piena come la luna che dal suo posto nel cielo illuminava il mio cammino verso casa, senza la paura di perdermi.
Quando sono tornata, ti ho abbracciato così forte da riuscire ad asciugare lacrime passate, presenti e future. Così forte, da poter colmare ogni vuoto e curare ogni malanno. Un abbraccio di sollievo. Guardandoti negli occhi mi sono accorta che l’incommensurabile non era più affar mio, che bastava starti accanto per sentirmi più viva.
«L’amore è stare bene da soli e con l’altro di più», ho sussurrato al tuo orecchio come fosse un piccolo segreto. Ma ho tralasciato la parte più bella e l’ho tenuta per me: stare con te è come ballare a tutte le ore, senza dimenticare che i miei sogni sono miei e i tuoi sogni sono tuoi, come le stelle nel cielo hanno il loro spazio nello spazio, si fanno compagnia, ma non si rubano niente. Ognuna conta gli anni di vita per sé; come faccio io, come fai te.
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