Call to action - Occasioni

di Simona Maresca

Occasioni. Non Minuti.

IO - MISURO - OCCASIONI.

Se quella volta fosse arrivata cinque minuti prima. SOLO - CINQUE - MINUTI.

Io lo so. Lo so cosa sarebbe accaduto.

Le segnalo con esattezza che è in ritardo, ma nulla.

LEI - È - IN - RITARDO.

Eppure ho sul viso tutti i numeri giusti. Tutti in cerchio da uno a dodici.

Un girotondo di occasioni. Impegni. Appuntamenti.

Mi stringe al polso con la chiusura infilata al quinto di nove buchi. Vive nella paura di perdermi, di perdersi.

Tic-tac. Tic-tac.

Sì, ti tocca guardarmi. Tic-tac.

Dovrebbe smettere di fare come me, di continuare a girarci intorno. Da mezzogiorno a mezzanotte. Lo stesso percorso. La stessa linea che ruota intorno a un perno.

Dovrebbe virare. Cambiare traiettoria.

Ieri sera, come ogni lunedì e giovedì dalle 19.30 alle 21, era a lezione di danza. Quando balla evita di guardarmi, ma non mi lascia in borsa come fanno le altre. Prima di iniziare il riscaldamento sposta la chiusura dal quinto al sesto dei nove buchi. Ancora più stretto.

Alle 19.45, mentre scivolava sul parquet della sala, ruotando il braccio sinistro verso la punta del piede per allungare i muscoli, ha strusciato il mio viso in piena fronte contro il pavimento. Ho provato un dolore fortissimo. Lei, guardandosi con la coda dell’occhio nel grande specchio che circonda la stanza, se ne è accorta. Non sono un Rolex, solo un vecchio Swatch anni Novanta. Ho un cinturino nero di plastica e il marchio stampato sulla fibbia. Ma Lei, guardandomi e carezzandomi, ha sbuffato:

«Che Idiota, non ti tolgo mai. Quanto sono distratta cazzo!»

Ne dice di parolacce.

Lì per lì ha cercato di aggiustarmi. Tenera.

Mi ha sputato in pieno viso e con la maglia bianca e sudata ha strofinato con forza la saliva, ma il graffio restava. Tornata a casa, senza neanche togliere la giacca, è corsa dritta in bagno. Dal mobile sotto il lavandino ha preso il flacone dell’alcool e imbevuto un batuffolo d’ovatta. Usando solo il palmo della mano ha iniziato a disegnare sul mio viso piccoli cerchi con l’ovatta inumidita. Ero intontito dall’odore dell’alcool e dal suo tocco morbido e caldo.

Il graffio è quasi sparito.

Lei ha sorriso. Si è tolta la giacca, ha dato un bacio alla figlia seduta in cucina davanti a un piatto giallo sporco di sugo.

«Hai mangiato tutto amore mio?», le ha chiesto.

Lei è così. Si distrae. Qualcosa si rompe. Prova ad aggiustarla. Da mezzogiorno a mezzanotte. Lo stesso tragitto. La stessa linea che ruota intorno a un perno.

Sempre fuori. Fuori tempo.


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