di Indiana
Mia sorella, a volte una straniera tanto era diversa da me.
Pareva parlassimo due lingue diverse, non riuscivo a comprenderla, a giustificarla. Aveva sempre lo sguardo acceso, sorrisi quasi a mezz'aria; viveva di emozioni e sbalzi di umore dovuti al lavoro da manager. Il suo pensiero fisso? Una catastrofe in ufficio!
Scorribande le sue riunioni, i suoi viaggi d’affari, aerei prenotati e taxi persi. Il suo mondo girava come un vortice di rumore e frenesia di lusso.
Io ero la sorella fuori moda, insegnante di danza classica, che viveva regalando emozioni all’anima. Avevo il mio mondo di silenzi di parole e quiete, curiosa e distratta, ero l’esatto opposto. Le mie promesse mantenute, respiri vivi, osservando l’alba che donava luce ai cuori tremanti. Giostre i miei scritti poetici, come fiumi di stelle non mi lasciavano dormire.
Noi, due gocce d’acqua in un turbine intenso dove nessuno riusciva mai a riconoscerci, se non per i tratti caratteriali. Fu così che, una sera prima di Natale, mi chiese di scambiarci i ruoli: per una settimana lei sarebbe stata me, e io lei. Accettai, ripensando alla vita e al suo destino.
Incredula, in quei giorni ritrovò sorrisi e abbracci inaspettati, capì quanto in realtà non aveva, che pur sapendo di possedere tutto, era sola. Gelide e opache, le persone che aveva intorno le colmavano vuoti e ansie, ma non le donavano affetto o calore.
Io, invece, compresi la felicità che tenevo nel cuore, le piccole grandi cose che offrivano consapevolezza, e fui certa che non avrei mai voluto essere lei: “Mia sorella, una straniera!”
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