Luogo e tempo

Cosa è un luogo? E il tempo? Chi lo abita?

Voglio dire: nella scrittura, cosa sono un luogo, il tempo e gli abitanti?

No perché, ogni domanda può sembrare banale, ma non lo è. Ancor di più, se la consideriamo unica.

Gli autori, quelli che scrivono di getto, pagine e pagine, capitolo dopo capitolo, quand’è che si pongono questa domanda?

Ho verificato e, spesso, lo fanno troppo tardi. Quando il pensiero di non avere la risposta rende frustrante il provare a darsela. Iniziare a rileggere le migliaia di parole scritte diviene un mal di pancia incurabile. Il gesto più semplice da fare è: aprire la cartella, riporre il file e «ora ci rifletto».

Dopo mesi, la riflessione è alle spalle dei blocchi di partenza. E per blocchi non intendo un oggetto, ma uno “stato”.

Che peccato! Tanta generosità per lo scrivere, sprecata dall’aridità della preparazione.

Una volta, lessi un incipit del professor Alessandro Ceci. Iniziava pressappoco così:

«Ogni luogo è un posto dove scorre, come il sangue della vita, il ciclo universale del tempo. I luoghi sono uguali a se stessi. Ciò che scorre è il tempo. Noi ci siamo. Il tempo trasforma uno spazio qualunque in un luogo identificato. Poi, non ci siamo più. Se fermiamo il tempo in una liminalità indefinita, alla fine ci siamo sempre stati, con il volto di un altro, con un personaggio che non è mai davvero una persona, che c’era e c’è».

Ecco!

Penso che un autore abbia bisogno di leggere queste parole prima di iniziare a scrivere le proprie storie, qualunque genere egli tratti. La rappresentazione dell’opera come il riprodurre la vita: non s’inventa nulla. Può cambiare la prospettiva, certo, ma i personaggi sono il simbolo della nostra presenza in un luogo, in un tempo.

Cosa è un luogo? E il tempo? Chi lo abita?

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